La vita in paese
Ricordi di vita vissuta:
A partire dal 1935 il volto di Ribolla cambiò lentamente, ma decisamente, con il passare degli anni.
Molte nuove abitazioni sorsero, molti operai decisero di stabilirsi nel paese; fu costruita anche una nuova ed imponente chiesa con l'aiuto di tutta la popolazione. La chiesa fu dedicata a S. Barbara, protettrice dei minatori, e a S. Paolo Apostolo; progettata dall'ing. Ernesto Ganelli, ha le linee architettoniche caratteristiche di un armonioso stile romanico moderno.
Sopraelevata rispetto alla strada, vi si accede con un'ampia scalinata che mette in risalto la bella facciata e, all'interno, l'altare maggiore fa spicco fra tre navate.
La prima pietra fu posta nel 1939 e nel 1941 ci fu la consacrazione; nel 1945 divenne parroco Don Giuseppe Guiducci e vi rimase per quasi 50 anni entrando nella memoria e nella vita di molte generazioni di ribollini.
Una tradizione tipica del periodo dell'attività mineraria era quella relativa alla celebrazione di S. Barbara.
La mattina del 4 dicembre tutto il paese era svegliato dallo scoppio delle mine fatte brillare all'esterno dei pozzi e poco dopo la banda iniziava a suonare a festa nel parco della Rimembranza.
La statua di S. Barbara era tenuta sul fondo di un pozzo per tutto l'anno ma quella mattina veniva portata in superficie per la processione e per le due messe celebrate alla cernita e in chiesa; la processione ripartiva poi dalla chiesa ed accompagnava la statua a riprendere il suo posto nelle profondità della miniera.
I festeggiamenti duravano però fino a notte fonda con rinfreschi, giochi e serata danzante. Ancora si ricorda la bellezza e la suggestione di quella volta che fu ricostruita una galleria della miniera all'interno della sala da ballo; per una sera c'era solo la voglia di divertirsi e l'Orchestra Cesarini di Firenze riusciva egregiamente a far dimenticare la dura realtà del lavoro.
Altre serate danzanti erano organizzate nelle più varie occasioni; "Riorita" era l'orchestra finanziata e organizzata dalla Montecatini, un nome volutamente latino - americano per ricordare la festa, il divertimento.
La Montecatini aveva fornito i leggii, alcuni strumenti, una stanza per fare le prove ed anche un maestro di musica per chi voleva imparare a suonare o approfondire la propria conoscenza musicale.
Ma ci furono anche molti personaggi celebri come Taioli, Teddy Reno, Tagliavini; al cinema si potevano vedere quasi tutte le "prime" dei films e nemmeno Grosseto poteva competere con un paese così organizzato.
In estate le proiezioni erano fatte all'aperto e le serate danzanti si svolgevano fuori, nello Chalet.
Anche i ribollini organizzavano le loro operette, divertendosi e facendo divertire; una fra le più ricordate è la "Ribollineide", un susseguirsi di scene comiche, balletti, canzoni con costumi improvvisati ma di sicuro impatto.
Non si cercò di creare solo uno svago, un modo di dimenticare le dure condizioni del lavoro, si volle dare la possibilità di dialogo e di amalgama tra tante persone provenienti da paesi diversi e da culture diverse. Erano tempi in cui la vita scorreva molto più lentamente rispetto ad oggi, con problemi di esistenza e di sopravvivenza....l'amicizia era un sentimento fondamentale per poter percorrere insieme ad altri lo stesso non facile cammino.
Oltre al cinema - teatro fu creata una biblioteca, furono costruiti il campo di calcio e il campo da tennis (che però potevano usare solo gli impiegati); in estate erano organizzate le gite al mare per le famiglie dei minatori
. La Montecatini dava anche la possibilità, ai figli dei minatori, di trascorrere le vacanze estive nelle "colonie" al mare o in montagna, accollandosi tutte le spese di soggiorno e di mantenimento.
La più forte squadra di calcio di Ribolla arrivò imbattuta alla finale per l'accesso alla serie "C", nel 1947 ma sfortunatamente perse contro il Follonica; c'era così tanto entusiasmo fra i tifosi del paese che per le partite "fuori casa" venivano organizzati dei pullmans di sostenitori.
Il 12 di ogni mese poi il paese si animava: era giorno di "paga".
Per le strade polverose era allestito il mercato con merce di ogni genere, colori, vociare di persone che venivano dalla campagna e dai paesi vicini; era una festa, un invito alla gente di miniera per spendere la "paga" appena ricevuta.
Ancora oggi il mercato di Ribolla si chiama "paga" per le persone non più giovanissime, anche se l'analogia con quella che più che altro era una festa è rimasta solo nel nome.
Ma è veramente tutto oro quello che riluce?
A quei tempi quella situazione doveva essere accettata perché così era e non esistevano alternative; la Montecatini aveva creato un paese dal nulla e ne era padrona assoluta ma quello che oggi disturba, nel rileggere quei momenti di vita o nel sentire quei racconti, è che si avverte la presunzione da parte dei dirigenti della miniera di voler possedere non solo le strutture e i beni ma anche e soprattutto le persone.
Era la "grande mamma" che tutto dava e che tutto poteva togliere, che nutriva pagando gli operai e facendoli usufruire dello spaccio ma che in cambio voleva molto, pretendeva una "dedizione" assoluta, un rispetto che talvolta non ricambiava.
Bastava poco per subire le sue ritorsioni, le punizioni; bastava manifestare la volontà di non voler più suonare nell'orchestra per vedersi interrompere l'erogazione dell'acqua nella propria abitazione o, peggio ancora, bastava una banale scusa per essere licenziati o multati.
La Società che creava momenti di aggregazione ma che stava bene attenta ad isolare dagli altri gli elementi "scomodi", la stessa Società che ha sempre voluto una netta distinzione fra operai ed impiegati, fra persone che potevano pensare e altre che invece potevano solo ubbidire. C'erano strutture, come il campo da tennis, nelle quali gli operai non potevano entrare perché erano strettamente riservate al direttore e agli impiegati.
Ma si doveva andare avanti accettando quello che si poteva ottenere; il posto di lavoro nella miniera di Ribolla era un sogno per molte persone, un modo per cercare di "sistemarsi" e magari per farsi raggiungere dalla famiglia rimasta chissà dove ad aspettare che una buona notizia riaccendesse almeno la speranza.
Di fronte a questo, di fronte alla fame ed alla necessità di sopravvivere è possibile accettare tutto...
Maria Palazzesi. "Ribolla storia di un villaggio minerario" ed. Il Leccio 1983
Giacomelli Giulianelli. "Il cuore nero della Maremma" ed. Il Leccio 1986
Laura ha elaborato le nuove testimonianze ed i commenti.
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