Il progetto della Montecatini Edison per costruire una diga sul Fiume Bruna

 

CARTA TOPOGRAFICA   PLANIMETRIA   SEZIONE TRASVERSALE DELLA DIGA 

 SEZIONE LONGITUDINALE  PARATOIE   PARATOIE (SEZIONE TRASVERSALE)


Alla fine degli anni '60 e nei primissimi anni '70 la Montecatini Edison, poi Montedison, proprietaria dello stabilimento per la produzione di acido solforico e pellets di ferro di Scarlino, commissionò una serie di studi allo scopo di localizzare un sito idoneo alla costruzione di un bacino artificiale da realizzarsi lungo il corso di uno dei fiumi che scorrevano nelle immediate vicinanze dello stesso stabilimento.
La società intendeva reperire ulteriori risorse idriche per il fabbisogno idrico industriale della zona, anche in prospettiva dell'entrata in funzione nel 1972 di un nuovo grande impianto per la produzione di biossido di titanio.
L'approvvigionamento idrico era stato fino ad allora garantito dalle acque del canale demaniale detto “Gora delle Ferriere”, dallo sfruttamento delle modeste falde freatiche dell'area e dall'utilizzazione della stessa acqua di mare.
Fra i progetti attuabili fu presa in considerazione l'ipotesi di creare un grande invaso artificiale sul Fiume Bruna nei pressi di Ribolla, in località C. Muccaia.
Dopo una serie di indagini geologiche e idrologico – idrauliche fu progettata una diga da realizzarsi poco più a monte della vecchia diga senese; essa avrebbe creato un serbatoio della capacità di 18 milioni di metri cubi e di circa 400 ettari di superficie capace di garantire una portata massima erogabile di 800 litri d'acqua al secondo.
La diga avrebbe dovuto avere un'altezza massima sulle fondazioni di 18 metri e uno sviluppo totale in lunghezza al coronamento di 410 metri; un acquedotto del diametro di 800 mm e di una lunghezza di 21 km avrebbe portato l'acqua agli stabilimenti di Scarlino.
Il costo delle opere era stato stimato nel luglio del 1970 ad oltre sei miliardi di lire, ma a questa cifra dovevano essere aggiunti i costi per l'acquisto dei terreni della piana di Castel di Pietra, terreni che sarebbero stati sommersi in pochissimi anni dalle acque del grande lago.
Il progetto non ebbe più seguito poiché di lì a poco, nel 1973, la Montedison decise di cedere tutte le sue attività produttive del settore minerario – metallurgico in Maremma all'allora appena costituito “Ente per la Gestione delle Aziende Minerarie – E.G.A.M”

- Documento gentilmente concesso da Walter Scapigliati -

Indietro