LUMINI NEL BUIO -Ribolla: anni '30 e dintorni-

 
 

LA RIMONTA

 

Si chiamava "rimonta" una galleria inclinata che partiva da un certo livello per raggiungere, mediante una rudimentale scala a pioli, un livello diverso. Ce n’erano alcune che avevano, a fianco della scala e ad essa parallelo, un piano inclinato, a volte quasi a perpendicolo, sul quale, dall’alto, venivano scaricati materiali pietrosi, che, cadendo rovinosamente verso il basso, si depositavano in una "bodola" dalla quale sarebbero stati in seguito prelevati e trasportati all’esterno. Il manovale che spingeva il vagoncino pieno di terra, pietre, e pezzacci di ogni genere, giunto al punto di scarico doveva, prima di ribaltarlo, avvertire a voce alta quanti avrebbero potuto trovarsi sulla scala, la quale, è bene ripetere, era tutt’uno con il piano inclinato e aveva solo la parvenza di una parete divisoria a protezione di chi stesse salendo. Senza eufemismi, si può dire che non c’era alcuna protezione. Evidentemente qualcosa non andava, nella procedura. Forse qualcuno non aveva pensato che sarebbe stato molto meglio rendere l’incolumità degli altri un po’ più indipendente dal comportamento di un manovale che magari, stanco per la fatica, preso chissà da quali pensieri, avrebbe potuto anche non essere abbastanza sereno per fare diligentemente quello che doveva. Fatto sta che le cose andavano in questo modo, e del resto mai si era verificato qualcosa di più serio di qualche leggera contusione, con conseguenze più gravi per i Santi del Paradiso che non per colui che l’aveva subita. Quando capitava qualcosa (del resto molto raramente), si ironizzava su quanto era successo, e nel peggiore dei casi potevano venirne fuori apprezzamenti non molto gentili verso la mamma del colpevole che, poveretta, non c’entrava proprio per niente.

Un giorno capitò proprio a me di essere coinvolto in un incidente del genere, e fu precisamente nel 1943 quando, nelle vacanze estive, lavorai (regolarmente assunto dalla Montecatini) in miniera per tre mesi. Conservo ancora il libretto di lavoro, rilasciato dal Comune di Roccastrada, nel quale è riportata, oltre alla qualifica di "ragazzo" che mi era stata assegnata, la dichiarazione di idoneità per le mansioni di "cronometrista". Si trattava di rilevare i tempi di lavoro mediante l’allora famoso (o famigerato, a seconda del punto di vista) sistema Bedaux, per l’assegnazione dei cottimi. Devo dire che alcuni operai mi guardavano un po’ storto, ma la mia ancora quasi tenera età li portava, piuttosto che verso l’ostilità, ad un atteggiamento vagamente protettivo che però, a pensarci bene, somigliava moltissimo ad una presa per i fondelli. Del resto io li ripagavo in qualche modo, perchè almeno per metà dell’orario di lavoro preferivo, anzichè rompere loro le scatole con il cronometro, andarmene in giro per gallerie di ogni tipo, vecchie o nuove, larghe o strette che fossero. Finì che conoscevo il cantiere (mi sembra che fosse il pozzo Raffo) come le strade di Ribolla.

Le impressioni positive che accumulai in quel breve periodo furono tali e tante che un solo episodio negativo non è certamente valso a scalfirle. Ma sarei un bugiardo se dicessi che quell’episodio mi lasciò del tutto indifferente; e questo soprattutto perché fu chiaro che le circostanze che avrebbero potuto comportare anche un grave danno si verificarono non per la stanchezza o le preoccupazioni di un manovale, ma solo perché quel manovale si comportò quantomeno da incosciente.

Ci stavamo dirigendo, il mio capo (si chiamava Mezzacasa) ed io, verso la bocca del pozzo dopo aver effettuato il nostro lavoro in diverse compagnie. Giunti alla base di una rimonta ci accingemmo a salire. Quando.......

Arrivò cantando e ribaltò il suo carico. Il fracasso del materiale che precipitava a valanga lungo la rimonta ci lasciò per una frazione di secondo annichiliti. Poi, dotati per nostra fortuna di un’ ottima prontezza di riflessi, volando letteralmente da quel paio di gradini della scala che avevamo già superato, potemmo sentire, rannicchiati sotto il coperchio della bodola che si stava riempiendo, il bercio stentoreo che, secondo quell’imbecille, gli avrebbe permesso di mettersi a posto la coscienza: "Buttoooooo!!!".....

Mezzacasa, meno giovane e più esperto di me, si riprese subito e cominciò a farfugliare a voce strozzata i più turpi, abominevoli e nefandi improperi. Io invece, facendo finta di aver provato solo un leggero turbamento anziché una paura fottuta, e nel contempo cercando di vincere la tremarella che praticamente mi impediva di muovermi con dignità, me ne restai immobile sotto quel provvidenziale rifugio ascoltando l’allegro canto del solerte manovale che, una diecina di metri più in alto, si allontanava dalla rimonta con il suo vagoncino, vuoto come quella dannata testa che, del tutto inutile, gli spuntava dal collo.


Vilmo Radi

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