RIBOLLA
UNA VOLTA ERA UN VILLAGGIO MINERARIO
L'OCCUPAZIONE ( 1953 )
scritto da Erino Pippi.
Intanto nel Villaggio Minerario la tensione cresceva, la protesta contro la Soc. Montecatini e contro il Direttore montava ogni giorno di più, occorreva un'azione risolutiva.
Un gruppo di minatori esasperato oltre ogni limite, progettò di occupare la miniera, come atto estremo contro le condizioni di lavoro, sempre più pericolose, e contro la progettata chiusura della miniera. Il Sindacato Minatori non era d'accordo ritenendo quella proposta troppo azzardata e pericolosa, ma per non venire scavalcato dai propri iscritti, decise di collaborare.
Una domenica a notte fonda, una cinquantina di audaci minatori, si calarono, dal pozzo Camorra, nelle gallerie sottoterra, bloccando ogni via di accesso. Un arganista, rimasto sempre sconosciuto, azionò il grande argano del pozzo per calare i minatori a squadre di otto per volta, poi sabotò l'impianto e lo rese inservibile, nascondendo alcuni ingranaggi indispensabili per il suo funzionamento.
Lunedì mattina ai minatori del primo turno, che si avviavano al lavoro, venne distribuito un volantino del Sindacato Minatori con il quale si comunicava che la miniera era stata occupata per protestare contro il pericolo delle frane e del gas, contro la chiusura della Miniera e contro l'ing. Padroni, chiedendo loro di unirsi alla lotta iniziando immediatamente a scioperare in solidarietà con l'occupazione. Molti ritornarono indietro, consapevoli che l'atto estremo dei coraggiosi occupanti era per difendere il posto di lavoro di tutti, anche di coloro che non avevano mai scioperato.
Intanto la notizia era arrivata agli abitanti del Villaggio che si erano immediatamente radunati vicino al pozzo e cresceva l'inquietudine dei compagni di lavoro e dei familiari di quelli che si erano nascosti in miniera.La polizia aveva circondato la miniera sperando di interrompere i rifornimenti e le comunicazioni con quelli nascosti sotto terra per costringerli alla resa.
A questo punto, erano dei veri e propri sepolti vivi!
Ma i minatori nascosti nelle gallerie ricevettero regolarmente vivande calde a pranzo, a cena e per colazione caffè latte e biscotti, che le donne dell'UDI preparavano in un luogo ben nascosto.
Mistero fitto su come i rifornimenti arrivassero regolarmente a destinazione. Non si è mai saputo chi e come riusciva a calare i pasti caldi in miniera, forse, si diceva, qualche anziano minatore conosce una vecchia discenderia rimasta abbandona per tanti anni.All'interno della miniera, gli occupanti, si erano organizzati come meglio potevano per resistere a lungo, il vitto non mancava, il morale era alto perché l'audacia di una azione così spettacolare creava entusiasmo. Il pericolo non era messo nel conto, erano anni che percorrevano quelle gallerie, che conoscevano come le loro tasche ed il posto dove si erano rifugiati, aveva le volte protette da centine di ferro e dai blocchetti di
cemento a prova di frane. La circolazione dell'aria era indirizzata correttamente e quindi non si potevano creare accumuli di grisou, erano insomma sicuri, come si può essere sicuri a trecento metri sotto terra.
Avevano predisposto turni di sorveglianza negli incroci delle gallerie che portavano al loro rifugio. Facevano passare solo i compagni conosciuti, che portavano viveri e le istruzioni del sindacato. Se si fosse presentato qualche elemento sospetto non sarebbe riuscito a superare il posto di blocco, perché avrebbero chiuso, da dentro, la porta antifuoco e mai avrebbe potuto raggiungere il gruppo.
Giocavano a carte, leggevano l'Unità, ricordavano i loro familiari. Raccontavano storie e barzellette e aspettavano. Fiduciosi che la loro azione, così temeraria, desse i risultati che meritava.Il Villaggio era invaso dalla polizia, dai giornalisti e da tanta gente venuta dai paesi vicini, per assistere di persona a questa eccezionale forma di lotta. Tutti volevano sapere di tutto. La polizia voleva i nomi, i giornalisti volevano addirittura le fotografie, gli sarebbero servite anche solo quelle dei familiari, magari di qualche moglie disperata o di bambini che aspettavano il loro papà.
- Come avranno fatto a calarsi in miniera ?
- Quanto potranno resistere ?
- Come vivono, cosa mangiano ?
- Quando usciranno ?Arrivavano, in superficie, biglietti scritti dai minatori, indirizzati alle mogli, agli amici, poesie in ottava rima e strano a dirsi, anzi da non crederci, avevano voglia di scherzare e prendevano in giro la polizia che non sapeva come fare a tirarli fuori. Promettevano di essere disposti a resistere per molti giorni, fino a che il Sindacato non avesse ottenuto un buon accordo.
Il Sindacato Minatori sicuro, questa volta, del successo, preparava le richieste da sottoporre alla Direzione della Montecatini. Sul palco dei comizi, in piazza, salivano gli oratori, uno dietro l'altro, senza soluzione di continuità: dirigenti sindacali, politici, autorità, semplici cittadini che portavano la loro solidarietà.
Negli uffici della Direzione della Miniera era tutto un via vai di dirigenti. Erano stati convocati anche il Commissario di Pubblica Sicurezza, il comandante della Celere, il Maresciallo dei Carabinieri, il Capo Guardia della Società e tutti i tecnici che conoscevano le gallerie e che avrebbero dovuto saper indicare la strada per arrivare dove erano nascosti i minatori. Invece non riuscivano a raccapezzarsi: non sapendo nemmeno in quale galleria e a che livello di profondità si erano nascosti e non trovavano volontari che li andassero a cercare.
Il nervosismo si tagliava a fette!
L'occupazione durò 72 ore: tre giorni e tre notti e terminò non per volontà dei minatori.
Ci volle l'aiuto di un traditore, un dirigente che in passato aveva militato nelle file del PCI e che conosceva i segreti della miniera, come solo i minatori sapevano, per guidare la polizia nella intricata rete di gallerie che collegavano i vari pozzi della miniera ed avvicinarsi al posto di blocco senza destare sospetti dei due minatori che montavano la guardia e che vennero accerchiati dalla celere.
Arrestarono tutti, erano 44. Vennero fatti uscire e per ordine del Direttore Padroni e del suo assistente politico Riccardi, ammanettati come delinquenti comuni - per dare l'esempio - dissero vantandosi.
Furono processati, condannati e licenziati come da copione scritto dalla Direzione della Miniera.
Un'altra sconfitta: questa era la miniera. Questo era il Villaggio Minerario di Ribolla, qui soffriva la gente che vi abitava e che non sapeva come sarebbe andata a finire.