Il paese di Ribolla non sorge contemporaneamente alla nascita della miniera.
Inizialmente il lavoro si svolge per campagne annuali, con manodopera sostanzialmente
stagionale.
Anche quando la bonifica della piana ed il consolidamento della società di gestione
rendono l'attività relativamente stabile e costante, gli addetti trovano residenza nei vicini
paesi di Roccatederighi, Sassofortino, Tatti e Montemassi.
La miniera cresce con improvvise impennate; a fasi di lento insediamento operaio si
susseguono fasi di fortissima immigrazione alle quali i vecchi paesi non sono in
condizione di dare risposte abitative.
Se a questo si aggiungono le lunghe ore di cammino che occorrono per raggiungere la
miniera, che inevitabilmente si ripercuotono sulla produzione, si comprende il motivo per
cui le società di gestione si siano poste l'obiettivo di costruire, assieme ai necessari servizi,
anche un nucleo abitativo.
Nel periodo della grande guerra, data l'impennata della produzione, vengono costruiti
accanto ai pozzi i primi dormitori collettivi, che risulteranno particolarmente utili quando
per il lavoro in miniera verranno utilizzati i soldati dell'esercito austro - ungarico fatti
prigionieri.
Nel corso degli anni successivi il tessuto urbano si amplia disorganicamente lungo le vie di
comunicazione: c'è la costruzione di un grande spogliatoio, di un nuovo dormitorio per i
dipendenti scapoli, di un refettorio e delle prime case economiche da dare in affitto alle
famiglie operaie.
Attorno alla miniera sorgono anche strutture di servizio: spacci aziendali, ambulatori, il
dopolavoro con annesso il teatro - cinema, il campo sportivo.
Anche Ribolla entra così nel sistema di relazioni industriali tipico della Montecatini,
fondato sulla presenza paternalistica della Società in tutti gli aspetti della vita individuale
e associata, in consonanza con gli orientamenti assistenziali propugnati dal fascismo.
Nel 1942 l'abitato è formato da un nucleo abitativo sviluppatosi intorno alla stazione, con
case sparse in mezzo agli impianti di miniera e senza un apprezzabile tracciato urbano e
da altri tre edifici sulla strada per Montemassi.
La Ribolla che nasce attorno alla miniera non ha altra logica che quella di essere
funzionale a questa; ma via via che il villaggio si struttura non è più sufficiente costruire
camerate e servizi collettivi.
Il problema diventa impellente soprattutto durante l'ultima ondata immigratoria del
'46/47 quando arriviano a Ribolla moltissimi minatori siciliani e calabresi ed il numero dei
dipendenti sale a 3.500.
Furono costruiti più di 400 appartamenti ma negli anni '50 la Montecatini aveva già deciso
di abbandonare la Miniera di Ribolla al suo destino ed era tramontato anche il sistema del
paternalismo totalizzante, sia per la fortissima sindacalizzazione degli operai sia perché la
Società non intendeva più investire in questa area.
Con la definitiva chiusura della miniera si conclude un'epoca e il paesaggio e il destino di
questa parte di Maremma mutano radicalmente.
Scendendo dalle colline la prima cosa che si poteva vedere era la piana di Ribolla
completamente occupata da pozzi, con i castelli in legno slanciati verso il cielo, le opere
edili, la direzione, i magazzini, la stanza degli argani, la lampisteria, la linea ferroviaria, il
legname accatastato nei piazzali sterrati, gli spogliatoi, le mense, il cinema, lo spaccio...
Per prima cosa furono chiusi gli accessi ai pozzi e in poco tempo sparirono tutte le strutture
meno solide.
Il volto del paese cambia, si accumulano i rottami, i rovi soffocano i pozzi serrati,
spariscono i castelli, totem della comunità e con essi sparisce il simbolo stesso della
miniera, il simbolo della Ribolla operaia.
Le strutture edilizie vengono invece riciclate, riutilizzate come negozi e abitazioni.
Chissà se è per questa nostalgia della "verticalità" che i ribollini hanno poi costruito
l'unico "grattacielo" presente nel territorio comunale.