Tratto dal libro: Al UN CARABINIERE FUORI DAL CORO
Racconti impertinentidi Franco Barrocu -Stampato nel mese di luglio 2003-
Il lessico
della ‘mia’ Ribolla…
Quante
volte mi è venuto di pensare al periodo in cui abitavo a Ribolla…
Si
era alla fine degli anni ’40, subito dopo la guerra, ed io vivevo coi genitori
e mio fratello Vanni nel rione ‘Casenove’, in un appartamento della caserma carabinieri
di cui mio padre Antonio era il comandante.
Le
‘Casenove’, quasi per intero, erano formate da sei caseggiati a due piani,
messi a schiera, tutti uguali, aventi sette alloggi ognuno, da alcuni
‘cameroni’[1]
e da poche altre casette sparse nella zona che, oggi, pomposamente, sarebbero
chiamate… ‘miniappartamenti’.
Quanti ricordi…
I miei vicini, tutti amici, erano: Mario e Marisa Piunti, Erino e Lia Pippi, Giordano, Saverio, Dilo, Lorio, Fabio, Giampiero e
Adua Corti, Luana, Ida e Maria Sassai e tanti altri…
[2]
In quel periodo non si conosceva ancora cosa fosse il
‘mal della solitudine’; i tempi erano più ‘naif’ e bastava sortire di casa per
scambiare due parole con qualcuno e a passeggiare in compagnia. Non come
adesso, in città, ove anche se uno muore, della sua scomparsa non s’accorgono
neppure i vicini che, tante volte, si limitano a dire: “No, non lo conoscevo…
di tanto in tanto l’incontravo nelle scale ed era sempre solo… ci scambiavamo
soltanto il buongiorno…”
Che tristezza!
In quel tempo, invece, la solidarietà umana era molto
sentita e ritengo ci si volesse più bene, almeno noi a Ribolla.
E ancora… i luoghi naturali che noi bambini avevamo a
disposizione per correre e saltare a nostro piacimento... Hai voglia, te,
quanti ce n’erano! Infatti, per ruzzare potevamo andare nelle ‘trincee’
(mega-voragini artificiali, con gli argini costituiti da ‘terra carbonifera’
che impregnava il sottosuolo, in cui si trovavano le miniere della Montecatini)
e, per raggiungerle, attraversavamo un campo posto sulla destra dell’attuale
Via Montemassi ove esistevano due sole
casette, isolate; abitate una dalla
famiglia di Mauro Chiesa e l’altra da Giancarlo Nuzzi. Tra le due abitazioni, vicino alla strada,
visibile e disadorna, si ergeva la famosa ‘tomba del tedesco’, su cui sopra non
si passava per nessun motivo, per rispetto.
Nella
fossa, infatti, era effettivamente sotterrata la salma di un giovane soldato
germanico; lo sfortunato era deceduto in un incidente stradale avvenuto nei
pressi del fiume ‘Raspollino e in fretta e furia, avvolto in un lenzuolo, era
stato lì sepolto dai commilitoni in ritirata, giacché, all’epoca, a Ribolla non
c’era ancora il cimitero.
Le
‘trincee’ dicevo… Quando non andavamo a scuola, noi bambini stavamo comunemente
dentro quegli ‘scarichi’ (si chiamavano anche così) ed era magnifico perché vi
si poteva organizzare qualsiasi gioco. Il posto, infatti, era una specie di
‘Luna Park’ naturale… All’interno v’erano ampi spiazzi spogli per giocare a pallone, oppure, dato che
altri slarghi, perché umidi, erano pieni di zone erbose e cespugli
(‘ceppiche’), ci potevamo andare a ‘rinquattare’ (termine ribollino che
significa acquattarsi rintanandosi…) e trastullarci a volontà.
Infine,
altra occasione, peraltro tra le più apprezzate, era data dal fatto che vicino
al ‘Pozzo 6’ si trovavano i binari a scartamento ridotto con i carrelli (dei
mini-vagoni) della miniera che, quando non erano usati dagli operai, stando
attenti a non farci sorprendere, potevamo muovere a nostro piacimento. Uno dei
maggiori divertimenti, per l’appunto, consisteva nello spingere uno di questi
carrelli nella salita che arrivava sin quasi accanto alla ‘cabina elettrica’, e
da qui, dopo essere saliti
sull’
improvvisato treno, lanciarci a tutta velocità nella scesa percorrendo, per
forza d’inerzia, l’intero tratto che terminava quasi all’imbocco dell’entrata
del pozzo 6 (all’epoca, già non funzionante). Rammento che un pomeriggio il
carrello prese un tale aire che Giancarlo Nuzzi, per la paura, si lanciò fuori
sullo sterrato lacerandosi fortemente il naso nella caduta…
Quanti avvenimenti di quei tempi mi
tornano alla mente…
Ricordo
la volta che s’imbizzarrirono i cavalli… Caspita, che spavento!
In
quei giorni, credo fosse l’estate del ’45, due-tre volte l’anno giungeva in
paese un ‘carro-botte’ trainato da due cavalli (uno, di colore scuro, molto
basso e magro, l’altro, altissimo, un baio splendido, molto ‘agitato’) il cui
conducente aveva il compito di vuotare i pozzi neri dei gabinetti situati
all’esterno delle case.
Quella
mattina, verso le undici, dopo aver ‘caricato’ alle ‘Case Nuove’, il carro si
era rimesso in strada all’altezza della tomba, muovendosi in direzione del
centro. Il conduttore, al solito, camminava a fianco dei cavalli e tutto
procedeva come di consueto. Ad un tratto, però, causa una motocicletta
scoppiettante che incrociò il carro,
il cavallo ‘bello’ s’impaurì ‘di brutto’ e iniziò ad alzare le gambe anteriori scalciando in aria
all’impazzata. Poco dopo tale impressionante ‘numero’ l’animale sfuggì di mano al
carrettiere e addirittura partì al galoppo unitamente all’altro cavallino che,
obbligatoriamente, era costretto a corrergli a fianco.
La
scena divenne drammatica perché i due quadrupedi, galoppando di gran carriera
col carro dietro che procedeva a zigzag, percorsero tutto il tratto sino alla
salita della chiesa, con enorme spavento dei numerosi passanti che, per la
paura, scappavano da tutte le parti saltando persino nei campi laterali.
Finalmente,
in prossimità della ‘casa del Direttore’, un giovane minatore ed un carabiniere
che si erano posti in mezzo alla via, coraggiosamente riuscirono ad afferrare
il ‘morso’ del cavallo incattivito facendo fermare il carro prima che
accadessero disgrazie…
Così
la scena da Far West si concluse nel migliore dei modi, con l’intero paese
(quando avveniva qualcosa di ‘grosso’ tutti accorrevamo sul posto a vedere) che
commentò per giorni quanto capitato, descrivendo l’accaduto con dovizia di
particolari sempre più eclatanti...
Per
ultimo si ‘romanzava’ nientemeno che il
cavallo imbizzarrito fosse in realtà un eccezionale purosangue da corsa, tenuto
nascosto durante il passaggio del fronte e che quindi, la ‘corsetta’ che aveva
fatto, era stata per lui soltanto una… ‘sgambata’ d’allenamento.
Io,
in ogni modo, considerando che la scena vista mi era parsa più emozionante di
un film, restai parecchio deluso quando constatai che ‘un avvenimento di quell’
importanza’ non era stato riprodotto sulla ‘Domenica del Corriere’…
Altri
momenti, mai scordati, di quegli anni ribollini riguardano i ‘dopo cena’ sui
marciapiedi delle abitazioni…
Come mi piacevano!
Allora
non c’era la televisione come oggi e durante le serate estive, verso le ore
venti, grandi e piccoli uscivamo e ci
radunavamo vicino a qualche casa a conversare. Uno dei luoghi (stavo per
scrivere… salotti) più animati era il tratto di marciapiede situato nei pressi
dell’ingresso di casa Piunti, quasi accanto alla casetta abitata dai Sassai.
Ricordo
ancora quando Teresa -la mamma di Mario e Marisa- raccontava paurosi fatti riguardanti
persone che, per scommessa, di notte penetravano nei cimiteri (Sic!) e
ogni volta erano protagoniste di disavventure spaventose… tanto spaventose
che mentre tornavo a casa, da solo,
appena non mi sentivo più osservato, correvo il più veloce possibile…
Che
tempi ‘genuini’ erano quelli! A me pareva d’essere un po’ parente di tutti,
tanta era la confidenza che mi legava a quella gente, e mi sentivo talmente di
famiglia che quando qualche adulto m’ammoniva per qualche marachella sembrava
naturale potesse sgridarmi, ed obbedivo senza riportarne traumi
psicologici! (Non come avviene ai
giorni nostri che se qualcuno riprende un giovane, anche se ne è il genitore,
immediatamente lo ‘traumatizza’ a tal punto che ‘il poverino’ deve ricorrere
allo psicologo…)
Io
invece… hai voglia i rimbrotti che mi beccavo… ma anche le ramanzine che ricevevo -forse perché, effettivamente,
ero un po’ vivace- (ehi-là, ho sentito eh! Chi ha detto :<Altro che
vivace…Era una birba di niente !!!>) mi venivano sempre indirizzate benevolmente, in maniera affettuosa, tanto
che ancora adesso mi viene da sorridere allorché, ad esempio, ripenso alle
volte che Elda Sassai -la mamma di Ida e Maria- quando nel primo pomeriggio mi capitava di far rumore vicino alla sua casa, mi correva dietro urlandomi
minacciosa :<Il mi’ Sassai ha la gita (il turno) di notte; se ti sento
ancora fa’ chiasso qui ’ntorno ti do una ‘batticina’ che ti fò diventà ‘l culo
nero, ’ccident’atté…!”
Eh,
Dio mio, che giorni di spensieratezza… quanta nostalgia!
E
poi il bar di Gildo ‘al Dopolavoro’, e anche il bar di Sergio Sabatini…
Quanta
gente frequentava questi due locali… Il primo era più ampio, con diverse stanze
e offriva anche la possibilità, stando seduti sotto i pini davanti
all’ingresso, di poter osservare tutti quelli che transitavano nella piazza.
Noi giovincelli vi stavamo volentieri anche
perché da quell’osservatorio, se passava qualche ragazzina che interessava, con
la scusa di andare a comprare le sigarette ‘dal Sabatini’, potevamo
allontanarci furtivamente (altrimenti, sai le battute salaci se uno si mostrava
troppo ‘infatuato’!) per andarla a ‘riscontrare’ e concretizzavamo l’incontro
dopo aver effettuato il giro del ‘palazzo’…
Ah,
mitico ‘Dopolavoro’! Quante risate vi
ho fatto…
Rammento
i ‘clienti’ più assidui che erano: Michele Leoni, Stenio Susanna, Alberto
Pierozzi, Aldo ‘Magnolino’ Murgioni, Gigi Fierli, Loriano Perilli, e tantissimi
altri…[3]
Quanti aneddoti su queste persone.
Mi
viene in mente la sera in cui Michele, per motivi di carte, ebbe un’animata discussione (quasi un
alterco) con un altro frequentatore abituale soprannominato ‘Necessario’ (molto
noto per la sua robustezza e perché
solito non scherzare troppo). I due furono velocemente separati sebbene, oltre
a non essersi neppure sfiorati, si fossero subito chiariti e riappacificati…
Lo
stesso, però, nei giorni seguenti,
ogni volta che Michele discuteva con
qualcuno, all’istante trovava chi,
ridendo, gli diceva: “Vedi di piantarla, altrimenti chiamo Necessario che ti
‘sistema’…” Un pomeriggio, mentre Michele stava scherzando con Stenio Susanna,
questi per motteggiare iniziò a chiamare a gran voce: “Necessariooo”!
Il
fatto curioso fu che Necessario, inaspettatamente, apparve davvero sulla porta
e, molto serio, chiese a Stenio: “Mi volevi?”.
Al
nostro amico venne la faccia bianca dalla paura e riuscì a togliersi d’impaccio
soltanto farfugliando discorsi su… Fausto Coppi.
Un
altro aneddoto restatomi impresso riguarda Giampiero Corti e questo non è
avvenuto in tempi remoti…
Io,
dopo che sono partito da Ribolla, tutte le volte che mi è stato
possibile mai ho tralasciato l’opportunità per farvi ritorno e in una di queste occasioni, due o tre anni
fa, d’inverno, verso le 18,3O, mentre in compagnia del mio collega Licio Pucci
ero fermo davanti al Dopolavoro (ai giorni d’oggi non mi sembra più lo stesso… purtroppo!) a un tratto vidi
sbucare il mio ex compagno di scuola Giampiero che camminava spingendo una
‘Vespa’. Quando giunse a pochi passi lo salutai dicendogli: “Ciao, ma cosa fai?
Ti è successo qualcosa?”.
Lui,
testuale, apparentemente irritato, mi rispose: “Senti un pochinino... o che ti
ci metti anche te, ora? È da quando so’
sortito che tutti quelli che ‘ncontro ‘un’ fanno altro che chiedemmi ‘perché pinti’? Pinto perché voglio pintà! Oh che è! Stà-vvedé che se uno vol pintà, ‘un po’ più neanche pintà ‘n pace, ora!”
Assicuro
che lì per lì non capii niente e che
solamente dopo alcuni secondi, facendo mente locale, ricordai che a Ribolla,
per dire spingere, dicevamo ‘pintare’.
Caro
fraterno amico Giampiero, vecchio amabile brontolone… grazie per avermi, con un
solo vocabolo, fatto tornare indietro di oltre quarant’anni. Eh, sì! Era da
quando lasciai Ribolla che mai più avevo inteso usare il termine ‘pintare’ in
luogo di spingere.
Che piacevole tenerezza…
Franco Barrocu e-mail:
[1] Ogni “camerone” era costituito da un mega-stanzone un cui dormivano 15-16 operai della Montecatini.
[2] tra cui i fratelli:Filiberto e Rita Simoncini, Mario e Renzo Tompetrini, Giorgio e Rosanna Micheli, Dora e Sonia Gentili, Franco e Bepi Guadagnini, Solisca e Miria; e Selia, Mirta, Cosetta, Graziana, Emo, Lio, Renzo Senesi, Renzo Mazzi e tanti altri
[3] …tra cui Piero Bernardini, Gino e Gigi D’incà, Renzo Palma, Marcello Spennacchi, Lidio Ferioli,il barbiere Brunino,Bruno Ceppetti detto il Commissario, Ivano Venturi, Sergio Parrini , Enzo Falorni e tanti altri
EDIZIONI STEAR.