La
patrona di Rieti, che sostiene di possederne le reliquie, è
una delle sante più popolari della cristianità perchè
è invocata contro la morte improvvisa, i fulmini e gli scoppi;
ed è la protettrice di artiglieri, artificieri, minatori e
vigili del fuoco.
Secondo
la tradizione reatina il corpo di Santa Barbara venne traslato da
Scandriglia, dove sarebbe stata uccisa, nella cattedrale di Rieti di
cui è patrona.
Ma secondo un'altra tradizione, veneziana,
l'imperatore Giustino lo trasferì dall'Egitto a Costantinopoli
dove i veneziani lo avrebbero prelevato per deporlo nel 1009 a
Torcello, nella chiesa di San Giovanni Evangelista.
Anche Il
Cairo, Costantinopoli e Piacenza rivendicano il possesso delle sue
reliquie, mentre la testa è venerata contemporaneamente a
Novgorod, in Russia, che ne possiede anche il seno pietrificato, e in
Pomerania.
È difficile, in mancanza di documenti
storicamente inoppugnabili, ricostruire le vicende delle sue reliquie
anche perché molte sono le divergenze sul luogo di origine
come sulla data del martirio tra le varie redazioni della Passio,
che risale al VII secolo.
C'è chi parla di Antiochia, chi
di Nicomedia, chi infine di Heliopolis, una località a 12
miglia da Euchaita, città della Paflagonia.
Quanto alla
data del martirio si indicano tre periodi diversi: sotto l'imperatore
Massimino (235 238) o sotto Massimiano (286 305) o
infine al tempo di Massimino Daia (308 313).
né
minori incertezze vi sono sul luogo del martirio che varia da
Nicomedia alla Toscana e addirittura a Roma.
Nel Martirologio
di Adone si legge, per esempio: In Tuscia natale sanctae
Barbarae virgins et martyris sub Maximiano imperatore.
Di là
da queste notizie contraddittorie si può ragionevolmente
affermare che la martire doveva essere orientale, forse egiziana, e
che il suo culto fu portato in Italia verso il VI secolo, durante la
dominazione bizantina.
Altro di certo non sappiamo. Ma la sua
leggenda, molto popolare nel medioevo, ha ispirato patronati e
un'iconografia così imponente che l'hanno radicata
nell'immaginario occidentale.
Barbara, il cui nome era il
femminile di Barbarus, era la bella figlia di un ricco pagano
che si chiamava Dioscuro. Il padre l'aveva rinchiusa in una torre per
sottrarla ai tanti pretendenti. Troveremo la torre anche nella Passio
di un'altra santa, Cristina di Bolsena.
La fanciulla, che si
era già consacrata al Cristo e non aveva alcuna intenzione di
sposarsi, approfittò di una piscina nei pressi della torre per
battezzarsi da sola. Poi ordinò che nella torre, accanto alle
due finestre già esistenti, se ne aprisse una terza per
simboleggiare la Santissima Trinità.
La torre d'altronde è
sempre stata in ogni tradizione la porta del cielo, la
via per elevarsi fino alla dimora degli dei. Anche in quella cristiana
è simbolo di ascensione e nello stesso tempo di vigilanza.
Fissata su un centro, il centro del mondo, comunica come il campanile
l'energia divina ed è scala verso il divino. In un mito greco
si racconta che Danae, imprigionata in una torre, ricevette la
pioggia d'oro fecondante di Zeus.
Quando il padre, che si era
allontanato per qualche giorno, tornò dal viaggio, capì
immediatamente il simbolismo delle tre finestre. Irritatissimo decise
di ucciderla: anche questo topos lo ritroveremo nella
Passio di Santa Cristina, pur con alcune varianti. Ma la
fanciulla riuscì miracolosamente a fuggire passando attraverso
le pareti della torre.
La sua fuga non durò molto perché
un pastore, scoperto il nascondiglio, lo rivelò al padre; e a
poco servì che il Signore lo punisse trasformando le sue
pecore in scarabei. Catturata, Barbara venne condotta davanti al
prefetto Marciano che , dopo aver inutilmente tentato di farla
abiurare, ordinò di torturarla rivestendola di panni rozzi e
ruvidi che le provocarono ferite in tutto il corpo. Ma durante la
notte, narra la leggenda, un angelo le apparve in carcere
risanandola.
Il giorno seguente il prefetto la fece straziare da
piastre di ferro roventi. Fallita anche questa tortura, Barbara e una
certa Giuliana, catturata nel frattempo perché si era
confessata cristiana mentre assisteva alle torture della fanciulla,
furono sottoposte al supplizio delle fiamme accese ai loro
fianchi.
Ma nemmeno queste riuscirono a domare Barbara; sicché
il prefetto ordinò di trascinarla nuda per le vie della città
flagellandola. Ed ecco l'ultimo prodigio: il Signore, ascoltando le
preghiere della martire, oscura il cielo con nuvole nere e la terra
con una fitta nebbia per impedire a chiunque di vederla.
Alla fine
Marciano condannò la giovinetta alla decapitazione che fu
eseguita addirittura da suo padre.
Non l'avesse mai fatto! Mentre
tornava a casa dopo l'assassinio, un fulmine a ciel sereno lo colpì
incenerendolo completamente.
A
questa leggenda si è ispirata tutta l'iconografia dove la si
rappresenta con una torre in mano, come ad esempio nel quadro della
cerchia del Botticelli, custodito nella Pinacoteca di Lucca, e in
quello di Cosimo Rosselli alla Galleria dell'Accademia a Firenze;
oppure, come in Barbara e la pisside di Luca Cranach il
Vecchio (Pinacoteca di Dresda), con la torre alle spalle e una
pisside in mano.
Quest'ultimo attributo nasce dal patronato contro
la morte cattiva e improvvisa, allusione a quella del padre, e dalla
preghiera che recita: Signore, per intercessione di santa
Barbara, concedici di ricevere il sacramento prima di morire.
Per
questo motivo le confraternite della buona morte l'hanno sempre avuta
come patrona.
Il fulmine vendicatore ha ispirato anche il suo
patronato contro le folgori, come testimoniano molti proverbi: Santa
Barbara benedeta liberème de sta saeta dice
un'invocazione veneziana che viene recitata durante i temporali e
alla quale corrisponde un'altra in italiano: Santa Barbara
benedetta, liberaci dal tuono e dalla saetta Gesù
Nazareno, liberaci dal tuono e dal baleno.
Dopo la scoperta della polvere da sparo, che riuniva in
sé la potenza del lampo e del fulmine, la inerme fanciulla
diventò anche la patrona dei lanzichenecchi, che portavano gli
archibugi, degli artificieri, minatori e artiglieri.
A
quest'ultimo patronato allude probabilmente il cannone sul quale lei
appoggia un piede nel quadro settecentesco di Giovan Battista Moroni,
La Vergine e il Figlio con Barbara e Lorenzo, nella Pinacoteca
di Brera a Milano.
Successivamente è diventata anche la
patrona dei vigili del fuoco che continuano a festeggiarla il 4
dicembre sebbene sia stata depennata dal nuovo calendario liturgico
in vigore dal 1970.
Ha infine ispirato il nome del deposito delle
munizioni sulle navi da guerra, che si chiama santabarbara.
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